Domenica 13 maggio 2007
“In giro con lo yoga” ci ha portato stavolta, dopo un breve trekking, a praticare sul pianoro dell’Argimusco, area archeologica ricca di energia ancestrale, dove aspetti naturalistici e paesaggistici si fondono con arte, mitologia, geologia, archeologia ed astronomia.
I megaliti dell’Argimusco rappresentano uno dei rari esempi di sistemi megalitici in Italia, un sito archeo-astronomico, noto a pochi, dove regnano, avvolte nel silenzio, le pietre millenarie.
Pratica collettiva di Yoga ai piedi dell’Orante
con gli insegnanti Antonella Sgroi e Alfio Caramma |
L’altipiano, posto fra i Nebrodi ed i Peloritani, a sud di Montalbano Elicona (ME) è ad un’altezza di circa 1.200 metri sul livello del mare e da lassù si gode uno splendido panorama che spazia dall’Etna alla costa tirrenica fino alle isole Eolie.
Su questo splendido pianoro ci si imbatte in tanti enormi megaliti che il vento, la pioggia ma anche gli uomini primitivi hanno modellato conferendo loro forme dal fascino irresistibile: l’Orante, detta anche la Dea Neolitica, l’Aquila, il Tetraedro, l’Osservatorio luni-solare, la Svastica, i Menhir, il Santuario e la Grande Rupe.
La sensazione è quella di trovarsi al centro di un’area sacra, carica di energia primordiale, dove si sente la forza della natura e si percepisce un’atmosfera magica.
Sembra che già nel periodo preistorico ci fosse la presenza umana all’Argimusco; probabilmente fu abitato dai “Giganti”, prima popolazione della Sicilia, uomini robusti ed altissimi che praticavano la pastorizia e che preferivano abitare su delle alture per paura del diluvio vissuto anni prima dai loro avi.
Secondo le ipotesi avanzate da molti studiosi il pianoro dell’Argimusco era un luogo di culto per gli uomini primitivi che si riunivano per pregare i morti ma anche per festeggiare la vita e la fecondità con rituali propiziatori legati al ciclo delle stagioni.
La disposizione delle rocce è determinata dalla loro funzione di antico osservatorio astronomico luni-solare (una sorta di “Stonehenge”).
L’ “Osservatorio luni-solare”, posto sullo stesso megalite dell’Orante, non è altro che una trincea a forma di arco formata da dodici segmenti di circa un metro ciascuno, quasi a rappresentare un antico zodiaco.
Questa trincea arcuata, con un angolo di curvatura di 60°, forma un sestante, strumento usato in astronomia ed in navigazione per determinare le altezze degli astri sopra l’orizzonte.
Si ritiene che la presenza di tale osservatorio rispondesse anche ad esigenze pratiche delle popolazioni agricole che dovevano riferirsi ad una sorta di calendario per determinare il periodo delle semine e dei raccolti.
L’ “Orante” è situato a nord dello stesso megalite: misteriosa figura androgina alta ventisei metri con le mani giunte in atteggiamento di preghiera.
L’Orante al tramonto
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Procedendo nella visita si incontra il “Tetraedro“, megalite rivolto ad ovest, con sette scalini che consentono di salire sulla sommità.
Troviamo poi il “Santuario”, formato da un piano inclinato sulla cui superficie si trovano degli incavi, ormai corrosi dall’azione dell’acqua, dove si può ritenere che venissero depositate le offerte alla Dea.
A sud-ovest dell’Osservatorio si trovano due megaliti costituiti da un solo blocco di pietra di forma allungata conficcati verticalmente nel terreno: sono i “Menhir” (dal bretone men, pietra, e hir, lungo).
I Menhir
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A sud dell’Orante è situato il megalite della “Svastica”. Il suo nome deriva dalla lingua sanscrita e significa buona fortuna; è un simbolo augurale di origine indiana che ritroviamo in tutte le religioni asiatiche.
L’ “Aquila” è uno dei megaliti più affascinanti; è formato dalla sovrapposizione di blocchi dalla facciata pentagonale. L’aquila rappresenta un essere privilegiato che collega la terra col cielo, diviene quindi il simbolo dell’anima del defunto.
Accanto a questo megalite era collocata la necropoli purtroppo profanata e distrutta nel corso dei millenni.
L’Aquila
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Di fronte all’Orante troviamo la “Grande Rupe”, immenso megalite che ha nella parete rivolta ad est il profilo di un volto, quasi un Mosai dell’isola di Pasqua e nella parete meridionale una figura di serpente.
Dopo la pratica di yoga in questo luogo particolarmente energetico, ci siamo spostati a Montalbano Elicona per pranzare, gustando piatti tipici della cucina locale, presso l’Antica Osteria Siciliana “Al Sakali”, che deve il suo nome al geografo arabo Al Edris, noto come Al Sakali (Il Siciliano), autore del “Libro di Re Ruggero”.
Nel pomeriggio abbiamo visitato la cittadina con il suo magnifico Castello Svevo-Aragonese.
La cittadina è situata a 907 metri di altitudine, sull’antica strada romana (tutt’oggi esistente) che, nella Sicilia nord-orientale, collega la costa tirrenica a quella ionica; il suo nome deriva dal latino “mons albus” per via dei monti imbiancati di neve che la circondano.
Montalbano Elicona si compone di due nuclei: uno più in basso sorto in epoca più recente e l’altro più in alto, di chiara origine medievale, sorto attorno al Castello.
Il bellissimo Castello, noto anche come Castello di Federico II, ha mura perimetrali merlate e 46 alte feritoie nonché due torri, una a pianta pentagonale di origine sveva e l’altra a pianta quadrata di origine normanna.
Per altre informazioni www.montalbano.info
Il castello di Federico II – Montalbano Elicona
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